
Si dice che spesso la gente finisca per somigliare al posto in cui vive. Le coordinate di Bronte, ventiseimila ettari di vallata distese a nord ovest di Catania, tra le pendici dell’Etna e le sponde del fiume Simeto, ci indicano senz’ombra di dubbio un luogo in cui ha trovato materializzazione questo concetto. Qui si cresce con alle spalle il vulcano, gigantesco e minaccioso, capace, con le sue colate incandescenti, di devastare e desertificare e, dalla parte opposta, un corso d’acqua che rende fertile la terra. La natura dei brontesi si è di sicuro lasciata influenzare da queste condizioni ambientali facendo di se stessa un ammirabile intreccio di intraprendenza, operosità e pazienza. Qualità importanti anche per domare e volgere a proprio favore gli aspetti ostili del territorio. Tanto che oggi le campagne intorno Bronte sembrano un mosaico variegato come pochi, fatto di ulivi, viti, aranci, fichidindia, mandorli, noccioli, castagni e pistacchi. Soprattutto pistacchi, le piante che i contadini brontesi, grazie agli insegnamenti degli antichi dominatori arabi, tramandati di generazione in generazione, sono riusciti a far crescere perfino sulla roccia lavica.
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